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Il 15 luglio 2022 entra ufficialmente in vigore il nuovo Codice sulla Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza al quale tutte le aziende sono tenute ad adeguarsi.
Il mancato adeguamento alla nuova normativa comporterà l’insorgere della responsabilità illimitata per l'imprenditore, con conseguenze estendibili anche a consulenti aziendali e revisori.
Grazie al Team di esperti (Notai, Commercialisti e Avvocati) rispondiamo a tutte le esigenze e permettiamo all’imprenditore di adattarsi in maniera efficace, semplice e veloce al nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza d’Impresa.
l nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019), è entrato in vigore il 15 luglio ed è stata recepita la direttiva UE n. 2019/2013 Insolvency.
Oltre a ciò, Il 17 marzo il Governo ha approvato uno schema di decreto che introduce la definizione di “assetti organizzativi” delle imprese e i segnali di allarme per prevenire la crisi d’impresa (di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 14/2019), da aggiornarsi ogni tre anni.
L’imprenditore, anche individuale, deve adottare adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili per:
I segnali di allarme sono stati individuati come sotto indicato:
La principale novità introdotta dal nuovo Codice è la considerazione della crisi come un fenomeno fisiologico della vita dell’impresa. Viene, eliminato il termine ‘‘fallimento’’ – sostituito con l’espressione “liquidazione giudiziale” – e con esso ogni connotazione di discredito personale e morale dell’imprenditore insolvente.
Nella nuova normativa diventa importante il tentativo di conservare l’impresa e l’imprenditore coinvolto nella crisi passa in secondo piano.
Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, costituito da 391 articoli, riscrive, infatti, tutta la disciplina delle procedure concorsuali e dell’insolvenza, sostituendosi al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e alla disciplina sulla composizione della crisi da sovraindebitamento di cui alla legge n. 3/2012.
In quest’ottica, l’art. 2 del D.Lgs. n. 14/2019 definisce la “crisi” come lo “stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”. L’insolvenza invece non è considerata come irreversibile bensì come un periodo di difficoltà momentanea e, pertanto, superabile attraverso una serie di interventi interni all’impresa stessa.
La riforma intende consentire una diagnosi precoce dello stato di difficoltà delle imprese, evitando che il ritardo nel considerare i segnali di crisi possa condurre ad uno stato di crisi irreversibile.
In quest’ottica vengono introdotti sistemi di early warning allo scopo di consentire la pronta emersione della crisi, nella prospettiva del risanamento.
Invece, per le situazioni che sono già irrimediabilmente compromesse, si punta a ridurre il più possibile le i tempi lunghi che hanno da sempre caratterizzato la storia dei fallimenti d’impresa in Italia.
Il cuore della riforma della crisi d’impresa è il sistema di allerta. Un sistema di segnalazione tempestiva volto a intercettare anticipatamente la crisi attraverso una diagnosi precoce. In caso di difficoltà dell’impresa, secondo il nuovo Codice della crisi, l’imprenditore deve, infatti, “attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.
La crisi di liquidità, infatti, è un tema fondamentale per le imprese, che è diventato ancora più evidente con la pandemia da Covid-19, che ha sottolineato la vulnerabilità del sistema imprenditoriale rispetto agli eventi imprevisti ed imprevedibili.
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